I percorsi del Museo
Piano I.
L'invito di Tomàs Maldonado a prendere sul serio gli occhiali e gli altri strumenti ottici, sottolineandone la rilevanza nello sviluppo storico e sociale dell'Ottocento, è stato uno dei fili conduttori nell'ideazione del primo percorso espositivo del Museo. Le splendide collezioni di occhiali, astucci, strumenti ottici, binocoli, cannocchiali, hanno consentito di strutturare un racconto appassionante intorno a tutto ciò che le lenti, nelle loro diverse utilizzazioni, hanno rappresentato per l'uomo, almeno a cominciare dal Medioevo.
Il visitatore viene accolto in uno spazio oscuro da un'enorme pupilla illuminata e da una sequenza di sguardi che svelano in seguito i volti a cui appartengono. Il percorso è ritmato dalla rappresentazione di alcuni temi importanti: la vista, le sue patologie e lo sviluppo dell'oculistica; la nascita degli occhiali correttivi nel secolo XIII e le dispute sulla paternità della loro invenzione; la presenza di un'industria veneziana, già fiorente nel 1300, per la produzione di lenti da occhiali e da ingrandimento in cristallo di rocca; la priorità della nascita degli occhiali da presbite su quelli da miope. Di particolare interesse è la riproduzione di un affresco del 1352, che ritrae Fra Ugone da Provenza, intento a leggere con occhiali da presbite.
L'iconografia che accompagna i reperti esposti in vetrina è di grande aiuto per seguire l'evoluzione dei materiali e delle forme: occhiali a snodo di osso, corno, legno e metallo; occhiali ad arco,da parrucca o da cappello; l'introduzione delle stanghette laterali rigide agli inizi del Settecento. L'evoluzione è notevole nei secoli XVIII e XIX, con materiali preziosi (metalli smaltati, corallo, madreperla, fanoni di balena, scaglie di tartaruga di mare) e forme condizionate dalla moda: occhialini da tenere in mano (face-à-main), veri e propri gioielli che possono anche essere racchiusi nel manico di un bastone, in un ventaglio, in una collana; stringinaso (pince-nez) e occhiali a stanghetta; monocoli da inserire direttamente nel cavo dell'orbita.
Il condizionamento della moda incombe sugli occhiali correttivi e protettivi del XX secolo, determinando nuove forme e colori, anche grazie alla diffusione di materiali innovativi (alluminio, nichel, celluloide, ebanite, resine sintetiche, monel e titanio).
Alla protezione degli occhi dagli agenti atmosferici e dagli inquinanti nelle fabbriche è dedicata una sezione che vede l'ostensione di diverse tipologie di occhiali: a fessura, usati dagli eschimesi; con lenti colorate e parasoli laterali, come i famosi occhiali veneziani "alla Goldoni"; con lenti di quarzo e ametista, a cui si riconoscevano proprietà terapeutiche in Oriente; con montature avvolgenti per riparare gli occhi degli operai durante il lavoro o gli sportivi.
Il Museo possiede una ricca collezione di astucci per occhiali: in avorio, pelle, oro, legno dipinto, filigrana d'argento. La parte finale del percorso è riservata all'esposizione di strumenti per vedere da lontano: binocoli corti e lunghi, cannocchiali. Pregevoli quelli veneziani in cartapesta dipinta o i piccoli binocoli francesi da teatro incrostati di smalti e materiali preziosi, e ancora i ventagli con stecche decorate di avorio o tartaruga bionda, al cui centro sono inseriti minuscoli cannocchiali corti.
Una piccola sezione accoglie strumenti ottici e apparecchi utilizzati con intenti ludico-didattici, come le lanterne magiche e gli stereoscopi.
Qui la mappa del primo piano.
Piano II.
Il secondo percorso documenta la peculiarità dello sviluppo del Distretto industriale dell'occhiale nella montuosa provincia di Belluno, a partire dalla fine del secolo XIX.
La sagoma di un venditore di forbici, di occhiali e di altra mercanzia e il richiamo degli ambulanti cadorini a comprare pettini d'osso, introducono il visitatore a scoprire il contesto storico e culturale, fortemente connotato dalla mobilità e dall'emigrazione, in cui nacque il primo laboratorio di ottica a Calalzo di Cadore, grazie all'ingegno di Angelo e Leone Frescura Petenèr e di Giovanni Lozza. Immagini storiche, oggetti, documenti originali consentono di ripercorrere i primi decenni di sviluppo dell'industria in Cadore.
Il passaggio di proprietà del laboratorio ottico di Frescura e Lozza all'imprenditore milanese Enrico Ferrari, e la gestione dell'attività da parte di Ulisse Cargnel nei primi anni del Novecento, rappresentano la svolta decisiva verso la modernizzazione e l'industrializzazione del comparto. Nell'azienda si formarono capi reparto e personale specializzato, capaci di dar vita, fin dai primi decenni del XX secolo, a una serie di nuove fabbriche.